"Fuori dalla notte è arrivato il giorno. Fuori dalla notte la nostra piccola terra. Le nostre parole si disperdono. Le nostre parole viaggiano per trovare coloro che ascolteranno." (Enya, Less Than a Pearl))

venerdì 25 maggio 2012

Poesia: Il mio sogno bambino.

Alla fiera dei sogni
per quattro soldi
ho comprato un sogno bambino.
Lo porto con me ogni giorno
il mio sogno bambino
e lo conservo
come una lettera d'amore mai spedita.

Ma quando l'erba che cresce
fa stupire la terra
inventiamo insieme
fantasie di nubi
e rotte d'acquiloni
impazziti d'azzurro.

Perchè il mio sogno bambino
cavalca il vento
e vola più in alto
di mille frecce.

Lo tengo legato con un filo di perle
il mio sogno bambino
perchè non si perda
di notte, nel buio
quando si spegne
anche l'ultima stella.

Elisabetta Rota
( Grazie Lisy)

mercoledì 29 febbraio 2012

Quadri e racconti "Ricordo"

Racconto liberamente tratto da un dipinto di Edgar-Degas “Ballerina-che-fa-il-salto”.


Ricordo l’autunno. Ricordo che il secondo giorno le foglie cominciarono a cadere. Ricordo che dalla mia finestra vidi il mare baciare l’orizzonte e udii le onde sussurrare  parole ammalianti. Ricordo il secondo giorno  come  fosse il primo sopra ogni altro.
Ricordo di esser sceso lungo la spiaggia e di aver osservato le orme scolpite al mio passaggio. Ricordo di aver camminato in direzione dell’arco di roccia che apriva un palcoscenico ai flutti.
Ricordo di esser stato privato del mio respiro quando la vidi. Ricordo le acque scandire ogni suo movimento e la sabbia, assuefatta in lei,  non lasciare alcuna memoria delle sue impronte. Ricordo la  luce del sole cercare il suo corpo e le onde desiderare di brandirla. Ricordo l’arco geloso, nonostante preda di forze più maestose, tentare con tenacia di trattenerla.
Ricordo dopo qualche minuto, di aver ripreso a respirare. Rammento i miei occhi sconvolti dall’assenza d’aria cercare disperatamente la sua figura. Ricordo che un secondo dopo lei si dissolse. Ricordo che tutto tacque, il vento, il suono delle onde, la lucentezza del sole.
Ricordo che per molti giorni il mare,  la brezza, la luce zittirono i loro consoni discorsi. Ricordo che tempo dopo quando ripresero a comunicare fra loro avevano perso grazia e dolcezza .
Ricordo che in quel mentre capì che il corteggiamento era finito, il mare, il vento, la sabbia non avevano più nessuno da sedurre.
di Michele Rosa 

sabato 28 gennaio 2012

Terra del Fiume: Il Torrione di Mura

Resto della fortificazione di Mura, la costruzione risale al periodo tra VIII ed il  IX secolo, ossia il periodo di tutti in cui tutti i fortificati furono realizzati sulle sponde del fiume Oglio.

C'è una scuola, a Mura, dove all’interno del giardino non c’è una semplice altalena o uno scivolo ma una robusta torre.
Chissà, ho pensato se i bambini, all’interno del grasso torrione, immaginino ci sia un fantasma, oppure un elfo, o un gigante? Vedendoli uscire alla fine delle lezioni mi sono fatto spesso questa domanda e visto che mi sento ancora un “pischello” non ho resistito alla tentazione di scrivere una storiella. Le finestre in cima al torrione, mi hanno dato la scintilla che ha fatto nascere una debole fiammella, che nei giorni freddi dell’inverno porta sempre un po’ di calore, almeno a me.

Matteo non è esattamente quel che si dice un bambino comune. Non ama la playstation, non sa giocare a calcio e non ha molti amici. Matteo ama i libri!
A volte, come in questo momento, chiudendo gli occhi sente la voce delle parole che sta leggendo e guarda i volti dei personaggi, che sulla carta le proferiscono. Solo che Matteo in questo momento si trova a scuola ed il libro che sta sfogliando non è quello di testo e la maestra Geltrude queste cose non le accetta. “Matteo sei con noi?” il gessetto lanciato con una considerevole violenza desta di soprassalto il bambino. “ Sono contenta che ti sia svegliato! Scusa se ti ho disturbato. Fuori dalla classe!
Matteo s’incammina verso la porta, esce, e come ormai di consuetudine, si appoggia al muro  aspettando la fine della lezione. “Matteeeo” una voce sussurrata lo spinge a raddrizzarsi “vieniiii” poi ad attraversare il corridoio “verso di meee”, a scendere le scale, uscire dalla scuola elementare e “sono quiii” guardare in alto. Il Torrione lo stava chiamando. Matteo appoggia l’orecchio alle sue fondamenta accertandosi che fosse proprio la torre a parlargli.
“ Siii, sono proprio iooo, ormai taaanti mi guardano senza vedermi e così nessuno mi ha mai ascoltaaato, almeno fino ad ooora. Mi sento solooo, qui nessuuuno fa caso a meee, guardo in  tuuutte le direzioni, quassù, e dopo centinaaaia di anni avevo perso la speranzaaa, almeeeno prima del tuo arriiivo. Coraggio Saaali, ti aspetto in ciiima, nel luogo ove tutto è visibile e nieeente viene celatooo”.
Matteo non si chiede come avrebbe a fatto salire, Matteo non si fa toppe domande quando si tratta di volare. Chiude gli occhi, conta fino a tre e magicamente, riaprendoli, si trova nella stanza circolare dove ogni parete è un panorama diverso, estremamente diverso. Matteo guarda dalla finestra dei sogni e aspetta pazientemente che vengano realizzati.
Ora Matteo ha trovato un posto suo nel quale gli è permesso di sognare, se ti sforzi lo puoi vedere lì, affacciato a quella finestra, vista “fantasia”.
di Michele

domenica 22 gennaio 2012

Poesia: TERRA DI GHIACCIO

 Il brano che segue non ha la pretesa
d'essere definito come poesia.
Voglio solo trasmettere la stessa suggestione
che ha preso me in questi giorni di freddo e di brina.





Ho camminato per una terra di ghiaccio
sospesa nel nulla delle nebbie di Avalon,

un mondo di silenzio perfetto
ma muto non era
le sue parole: scricchiolii
sul terreno e sospiri di vento.

Un mondo canuto che credevo
senza memoria
tradito dai ricordi d’impronte lontane,

un mondo senza dimensione di tempo
senza apparente movimento,
ma che compiva la sua lenta danza
di neve e di voli e di corse d’animali selvatici.

Un cimitero di pace
ove le case imponevano i loro contorni
contro la coltre di nebbia
come fantasmi cocciuti ancorati ad una
distante realtà di spigoli duri.

Tutto bianco di euforia antica e
ancestrale reverenza mentre
camminavo per una terra di ghiaccio
sospesa nel nulla delle nebbie di Avalon.

Aura

venerdì 29 luglio 2011

Terra del Fiume:LA SENTINELLA della TORRE

Il simbolo della citta' di Palazzolo sull'Oglio e' la Torre di S. Fedele o Torre del Popolo, che svetta sull'abitato con i suoi 90 metri di altezza. La Torre, in muratura con forma cilindrica, venne innalzata negli anni 1813-1830 su un pre-esistente bastione del castello. Sulla sommita' della Torre la statua di S.Fedele da Como, patrono della citta'.

Nelle terre di mare, giusto vicino alla scogliera… o in una piccola isoletta non lontana dalla costa, s’innalza il faro. In inglese viene chiamato “light house” letteralmente casa della luce. 
Nel corso dei secoli fari hanno illuminato la via alle navi durante le tempeste, equipaggi esausti, dopo lunghe attraversate, si abbracciavano grati della terra che tra poco avrebbero accarezzato, grati di sentire quasi il sapore della propria casa, il profumo della propria donna, l’abbraccio dei propri figli. Nel corso del tempo l’immagine della città di mare veniva caratterizzata da quella luce che girando… trasmetteva quel muto segnale in grado di parlare un linguaggio che tutti nel mondo compresero, comprendono e comprenderanno sempre.
Come un uomo in una cesta posta sull’albero più alto della nave chiama terra, San Fedele posto  in alto sulla torre, abbraccia il ritorno a casa  dei suoi figli. Ora, dopo un lungo viaggio, si sente l’annuncio in lontananza. Un annuncio senza voce, fatto di un immagine che svetta oltre tutte le altre e s’innalza urlando una luce che sovrasta tutto il resto. La  postura fiera, appoggiato alla sua lancia, trasmette la necessità di levare il capo, con orgoglio, sentendo la piccola invidia al pensiero di quale vista possa godere, dalla cima della torre, il nostro patrono.
Allora ben tornati a voi… alla terra del fiume, che siate partiti per un'altra regione… nazione oppure continente l’eco di parole silenziose, il  sussurro di San Fedele che attraversa i cuori, quando aprendo la nostra abitazione volgiamo il nostro sguardo lassù… in cima… e ci  si sente come naufraghi che alla luce del faro assaporano il profumo della propria terra, illuminati dalla consapevolezza di essere davvero a casa.
di Michele

mercoledì 13 luglio 2011

Gente di Palazzolo

Sarà una visione un po’ nera, ma ha l’onestà di essere senza mezzi termini. Joyce viene celebrato per aver messo la gente di Dublino davanti uno specchio… a me non se ne voglia se metto la gente di Palazzolo davanti la sua ipocrisia…

La gente di Palazzolo è un po’ particolare! Nei pub è possibile trovare una persona anziana che parla come un  ragazzino “Io i negracci li brucerei tutti” uno dei tanti improperi pronunciati. Il fatto che i ragazzi seduti al tavolo del vecchio, assecondano con segni di assenso le bestemmie che si susseguono tra un insulto e l’altro fa riflettere. Beh… anche questo è il Palazzolese colui, che ormai inascoltato, si trova ad inveire sull’extracomunitario per ricevere un po’ d’attenzione… colui che ascolta e finge interesse per poter la sera ridere con gli amici di quel poveretto che tanto sbraitava e tanto si rendeva ridicolo.
La gente di Palazzolo è un po’ eccessiva! Può capitare di vedere un bambino scivolare sull’erba e sentire le urla dell’infante varcare le barriere del suono ed infrangere i timpani degli sfortunati passanti. Può capitare che un ambulanza venga chiamata per un ginocchio sbucciato e di guardare una scena apocalittica davanti ad una madre in lacrime, in attesa di un autolettiga, con in braccio il proprio figlio urlante… Può al contrario capitare che un muratore cada da un tetto, da un’altezza di dieci metri e dopo un po’ che è per terra con la paura di chiamare aiuto si avvicini una persona preoccupata e gli chieda: “Tutto bene? L’accompagno al pronto soccorso?” e la risposta dello sfortunato manovale sia: “No, non lo faccia sono in nero…”.
Eppure la gente di Palazzolo è anche molto impegnata! Un amico può accasciarsi e stare male e quando si chiede “aiuto” le persone possono sfrecciarti davanti indifferenti, oppure possono dirti “Sì, ti aiuto solo cinque minuti, perché ho un appuntamento”.
La gente di Palazzolo è molto gentile! Se vuoi attaccare un depliant, in qualche bar, panificio, libreria tutti ti sorridono dicendo “certo fai pure se possiamo esserti utili”. Ci si ritrova coccolati dalla disponibilità dei commercianti e dalla loro cortesia nel passarti la puntina per poter attaccare il tuo piccolo volantino. L’aria che si respira dopo una giornata nella quale tutte le boutique e negozi hanno di buon cuore collaborato alla tua piccola inserzione è fresca e rassicurante. Peccato che il risultato della tua piccola attività pubblicitaria tarda ad arrivare e qualche dubbio si affaccia alla mente… così ci si ritrova per curiosità a fare il giro per quei negozi nei quali gentilissime persone hanno accettato di buon cuore ad attaccare il tuo volantino… Risultato? Il depliant non è mai stato lasciato appeso più di quel tempo che ti è servito per uscire (tanto rasserenato) dall’amabile negozio.
La gente di Palazzolo ama andare in chiesa, ma non sopporta la gente che chiede l’elemosina davanti all’entrata!
La gente di Palazzolo ama i cani soprattutto cuccioli! Dai veterinari è possibile vedere un’infinità di piccoli esseri pelosi che vengono tenuti in braccio da padroni premurosi. L’anno dopo altri piccoli batuffoli di razza diversa sono in braccio agli stessi proprietari che li coccolano e li baciano…ah l’amore verso i cuccioli che mai crescono è smisurato…
La gente di Palazzolo è piena di sfaccettature, ombre che si riflettono nel quotidiano… non posso odiarla perché anch’io ne faccio parte… ma meglio prenderla a piccole dosi, abbracciando il sapore e la genuinità di un amore friulano.
di Michele

martedì 12 luglio 2011

Terra del Fiume:Il Segreto del Castello

Domenica io e Aura abbiamo deciso di fare un pic-nic. Io ho finito tardi di lavorare quindi ci saremmo trovati direttamente al parco “Tre ville”. Seguendo Via Zanardelli appena prima della scuola media “Enrico Fermi” ecco sulla destra il giardino e le tre enormi case, che danno il nome al luogo. Aura era già lì, al cancello d’entrata con zaino sulle spalle e sorriso di ben arrivato. Entrati il grosso cane bianco del custode ci da il benvenuto con un forte e grasso “Uoff”, davanti a noi il giardino ridente ci attende, ma le panchine e i tavoli ai quali avremmo voluto affidarci per il pranzo erano tutti occupati. L’unica nostra risorsa per sederci era data dai gradini ombreggiati della villa disabitata, diciamo pure che l’idea non era poi così malvagia. Così ci siamo appostati sotto il piccolo e fresco porticato e siamo rimasti ad osservare i piacevoli particolari di una vecchia costruzione che vorremmo fosse nostra. Non ve la descriverò oltre perché se un giorno qualcuno deciderà di metterla in vendita,  se non vi dispiace, non voglio concorrenza! Finito il pranzo a base di un delizioso cous cous estivo (Ah l’India e le sue…ups Aura e le sue meraviglie!), un’anguria spunta dalla borsa. “Ecco perché pesava così tanto pensavo ci avessi messo dieci litri d’acqua!” esclamo ad Aura vedendo l’immenso cocomero fuoriuscire dallo zaino. Dopo averlo tagliato si comincia la gara, solo chi comprende le immense potezialità dei semi può capire… la nostra sfida domenicale è stata nel vedere chi riuscisse a sputare i semini più lontano. Piegati dalle risate, visto che io non superavo il metro e la spanna, ci siamo alzati. Alla nostra destra un piccolo sentiero si snodava fino al di fuori dal parco, oltre il cancello ci aspettava… Il Castello col suo tradizionale fossato, ormai da secoli privo d’acqua. Privo d’acqua ma non di vita…  Diciamo che altri ospiti hanno deciso di passarci del tempo, forse prima erano in due e ora sono diventati molto di più perché Palazzolo gli ha amati? Non lo so, ma una famiglia così tenera in una calda domenica di estate non è mai stata tanto apprezzata. Daini! Un maschio, due femmine e tanti piccoli si affacciavano scodinzolando ai nostri occhi. “Ma se scodinzolano vuol dire che sono felici?” la voce della bambina accompagna i nostri pensieri e la risposta della madre è esattamente la stessa che ci diamo “ ma certo, non vedi che espressione serena?!”. Felici, come la bambina, torniamo a guardare quell’angolo di paradiso rivedendo la storia di Bambi e sospirando di sollievo davanti alla piacevole dolcezza del piccolo branco che si era formato nell’avvallamento del fossato. Dopo esserci addolciti alla vista degli animali entriamo dal portone del castello e leggiamo il cartello informativo che ci spiega che la costruzione risale all’ ottavo e nono secolo ed è stato un punto strategico del locale sistema difensivo fino al 1517. Appena entrati una scuola d’arte ci assicura che non venga utilizzato da qualche fondamentalista con losche intenzioni. Fa piacere che tutto ciò che è stato costruito per difendersi da guerre, combattimenti, sia ora un luogo dove si dipinge, scolpisce, leviga davanti allo sguardo innocente di creature che già in se stesse sono dei capolavori.
Ora che la nostra giornata è finita torniamo a casa con un battito del cuore in più…
Michele e Aura